Un pittore cerca di cogliere l’essenza di ciò che dipinge, non si limita a riportare su tela ciò che vede, ma si concentra soprattutto su quello che percepisce. I ritratti sono lo specchio dell’anima del modello rappresentato. Forse è per questo che la pittrice Gerda Wegener (Alicia Vikander), facendo posare suo marito, Einar (Eddie Redmayne) con un abito da donna, riesce a cogliere la sua vera natura. Le sue mani, i suoi pennelli, la tavolozza dei colori, danno vita a Lili, o meglio, permettono alla donna che c’è in Einar di venir fuori. Anche Einar è un pittore e il suo soggetto preferito è un paesaggio, un luogo della sua infanzia che significa qualcosa per lui. Perchè, forse, è di fronte a quel lago, alla tranquillità di quello scorcio di Danimarca, inondato dal tramonto, che Einar, o meglio Lili, si è resa conto di vivere in un corpo che non le appartiene. Lili lotta, deve emergere, deve ottenere il suo corpo. All’inizio lo sguardo è basso, la vergogna nel camminare per strada con abiti da donna persiste, ma poi le pupille si sollevano, le palpebre smettono di sbattere dal nervosismo e Lili acquista, col tempo, sicurezza, consapevolezza. Eddie Redmayne (candidato agli Oscar come miglior attore protagonista), aiutato anche dal trucco e dai costumi di scena molto curati, riesce a mostrare con alcune espressioni del volto, quasi impercettibili, la presa di coscienza di Lili, sfruttando i gesti, le mani, la posizione del corpo, delle braccia e delle gambe. Da sottolineare, però, è la grande interpretazione di Alicia Vikander (candidata come miglior attrice non protagonista), interprete del difficile ruolo di Gerda, un personaggio forte, che ama Einar, ma che, proprio per questo suo grande sentimento, accetta anche Lili, anzi, ama anche lei, in modo diverso, quasi come una sorella. Gerda non smette mai di lottare per Lili, nonostante sia distrutta dalla situazione impossibile in cui si ritrova, decide di mettere da parte il suo orgoglio e la sua sofferenza per amore. Le grandi interpretazioni dei due attori e gli sporadici campi lunghi che mostrano paesaggi danesi mozzafiato non riescono a compensare del tutto la lentezza del film, che si concentra molto sull’introspezione e sulla riflessione di Lili, forse troppo, risultando, in certi momenti, monotono e ripetitivo. Non sono molti i momenti in cui il regista, Tom Hooper, concentra l’attenzione sulle reazioni della società alla presenza di Lili e vengono dedicate poche scene al tema dell’ignoranza riguardante la transessualità, scambiata, negli anni ’20 e ’30, con una malattia, con la schizofrenia o con l’omosessualità. Lili Elbe è stata una pioniera, in quanto è stata la prima a sottoporsi ad una serie di interventi per cambiare sesso e ad essere definita transessuale e The Danish Girl prova a farci comprendere i suoi pensieri, ma soprattutto le sue sensazioni, le sensazioni di una donna costretta a vivere per anni nel corpo di un uomo. Prova a farci capire, quindi, un tipo di arte molto diversa da quella pittorica o visiva. L’arte di essere sé stessi, nonostante tutto.
Pubblicato su PugliaPress
Fortissimo Dave! Devo assolutamente recuperare tutti i tuoi pezzi che mi sono perso in questi ultimi mesi.
Hai scritto davvero un bel pezzo, proprio da professionista. Prima hai raccontato gli aspetti secondo te positivi del film e poi alla fine sbem! hai spiegato come il film nonostante tutto sia un clamoroso flop perché innocuo e noioso.
Per me però è ancora peggio di così, per me The Danish Girl è un film quasi insulso e offensivo nei confronti dei transessuali. Non vengono raccontati né la potenza dei bisogni fisici e dei desideri della carne, né (paradossalmente) le questioni psicologiche, trattate solo superficialmente e banalmente.
Girato col massimo del garbo e del pudore possibile, tutto pulito ed educato, il film tratta un argomento delicatissimo e per il quale c’è tensione e incomprensione ancora oggi, ma invece di provocarti e spingerti alla riflessione, ti culla e ti tranquillizza come se fossimo tutti bravi e giusti. Essenzialmente è un film che mastica talmente tanto la transessualità da renderla accessibile a tutti, nel senso che nessuno si scandalizza davanti al film, nemmeno la più bigotta delle zitelle ultra sessantenni che come dici “gay” le sale il nazismo e ammazza tutti.
Anche Eddie Redmayne secondo me è troppo caricato e molto poco incisivo. Solo Alicia Vikander riesce ad emergere e a brillare di una luce propria potentissima rendendo molto più sopportabile la visione del film fino alla fine.
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Grazie mille Zack! Ti capisco perfettamente, anch’io dovrei recuperare mille articoli di mille blog qui su WP. Mi riprometto di farlo ogni giorno e puntualmente non lo faccio. Prima o poi mi metterò davanti al computer e farò una maratona-blog probabilmente. Tornando a noi, sentirsi chiamare “professionista” inorgoglisce molto! Eddie Redmayne è un ottimo attore ed anche qui lo dimostra, MA aiutato molto dal trucco, dalle parrucche, dai vestiti. Lavora molto sui gesti, ma certe volte risulta un po’… monotono, ripetitivo, come l’intero film. La denuncia sociale è quasi assente e lo stato d’animo del personaggio viene mostrato sempre nello stesso modo, senza andare oltre il “Eddie si guarda allo specchio e non vede un uomo, ma una donna”. Sempre le stesse mosse per tre quarti di film non portano ad un’analisi precisa del personaggio. Come hai letto nella recensione, sono assolutamente d’accordo su Alicia Vikander: bravissima, risolleva l’intero film. Oscar meritato probabilmente!
P.S. sono abbastanza soddisfatto degli Oscar quest’anno, ma non posso ancora entrare troppo nel merito perché mi mancano alcuni film, anche un certo SPOTLIGHT, che aspetto con ansia tipo da settembre. Ho scritto su PugliaPress un articolo sugli Oscar, ma senza di fatto commentare con giudizi personali. È un pezzo informativo dove faccio una sorta di riepilogo dei premi, ecco. Qui sul blog, e solo per il blog, arriverà probabilmente un commento personale, forse non solo sugli Oscar, ma probabilmente dopo che avrò visto Spotlight (dovrei andare al cinema mercoledì). Tu cosa ne pensi degli Oscar assegnati quest’anno? A parte la curiosità, in attesa dei prossimi meme ora che DiCaprio ha vinto la statuetta ahahah
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Ahahah! Sono piuttosto soddisfatto; contentissimo per Mad Max che ha fatto incetta di premi tecnici (magari presi singolarmente “valgono poco” ma tutti insieme significano tanto) e contentissimo anche per Spotlight che è filmone della madonna e te lo devi vedere assolutamente. A The Revenant avrei dato solo il premio per la miglior fotografia, ma ovviamente sono felice per il buon Leo che finalmente può mettersi l’anima in pace. Sono un po’ meno felice per Inarritu perché lo trovo sempre più insopportabilmente presuntuoso, ma la sua vittoria era abbastanza scontata, quindi pazienza. L’unica vera grande delusione è stata la vittoria di Mark Rylance come miglior attore non protagonista: era senza dubbio l’interpretazione che meritava di meno tra le cinque candidate (per me non meritava neanche la nomination) e mi sarebbe molto piaciuto vedere la statuetta in mano a Sly come avevano pronosticato quasi tutti (sono abbastanza convinto che ci sia lo zampino di zio Spielberg dietro la vittoria di Rylance).
Per il resto anche la cerimonia di per sé è stata una delle più belle degli ultimi anni. Molto divertente, mai troppo pesante, nessun momento morto e un’aria di spensieratezza generale più marcata del solito e certamente piacevole. Insomma siamo ai livelli dell’edizione di Ellen e mi sono molto divertito.
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È vero, anch’io mi sono divertito. Sono d’accordo su Mad Max e sul fatto che Mark Rylance non meritasse l’Oscar, ma, leggendo la mia recensione di Creed appare chiaro, mi spiace a Sly proprio no. So che sarebbe stato simbolico, un omaggio al personaggio e alla carriera.. ma no, Tom Hardy in The Revenant mi è piaciuto forse più di DiCaprio! Poi Christian Bale, poche scene, ma recitazione sopra le righe e spettacolare in quel filmone che è La Grande Scommessa. Mi manca ancora Ruffalo in Spotlight per dire il “mio vincitore” di questa categoria però. Miglior attore protagonista… c’era un certo Bryan Cranston che forse forse se lo meritava l’Oscar. Ma anche DiCaprio, interpretazione fisica, di sacrificio, un tipo si recitazione poco ordinaria, quindi ci può stare assolutamente. Inarritu, per me, si è meritato la statuetta per la regia. The revenant è un’esperienza. Sono il primo a disprezzare film “vuoti”, spesso semplici e meri esercizi di stile che non emozionano, ma questo film, pur non avendo una gran trama, non appartiene a questa categoria, perché mi ha coinvolto, mi ha portato con sé nel viaggio di Leo verso la vendetta, nel freddo. Mi ha preso allo stomaco, mi ha emozionato. Non da essere considerato il miglior film dell’anno però. Anche per questa categoria mi esprimeró dopo Spotlight 😉
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Concordo molto con ciò che hai detto sul film di Inarritu, a cui io personalemente do un voto altissimo e questo malgrado l’antipatia indubbia del regista evdienziata da Zack… ma bisogna sempre distinguere l’uomo dall’artista ed in questo caso, tolto l’outsider Miller (quello che per me era lo Scorsese di questa edizione) e che non avrebbe mai potuto vincere, nessun altro regista del quintetto poteva surclassare la bravura dei due artistiche hanno saputo creare quella messa in scena di potente impatto naturale ed ossia il regista Innaritu (giustamente premiato) ed il suo fedele direttore della fotografia Emmanuel Lubezki (premiato anch’esso e per la terza volta di fila!!)
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Lubezki è una garanzia di qualità che lascia senza parole. Dei tre oscar consecutivi (record), tutti e tre meritatissimi, questo credo sia il più significativo, il più “forte”, perché The Revenant senza quella fotografia avrebbe perso buona parte del suo fascino.
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Si, The Revenant E’ quella natura fotografata e la recitazione di DiCaprio è stata, per me, grandissima proprio perché si è piegata ad essa, quasi abdicando dall’essere umano e toccando nuove frontiere mai percorse… in certi momneti del film avevi l’impressione di assistere più ad un happening artistico che non ad un film lineare…penso che negli anni in molti si accorgeranno di cosa ha davvero fatto DiCaprio…
Probabilmente senza Inarritu ed il suo “strambo” film l’Oscar non lo avrebbe preso nemmeno quest’anno…
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Molti pensano all’Oscar dato a Leo come un contentino per l’opinione pubblica e per l’attore, “ingiustamente” ancora a secco fino a questa edizione. Certo, come “mossa di marketing” è stato conveniente e popolare dare l’Oscar a DiCaprio, ma la sua interpretazione è, come hai detto tu, grandissima, va oltre la semplice recitazione, proprio per la totale immersione nella parte.
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Hai detto cose giustissime su Inarritu, solo che per me quelle stesse parole valgono di più per George Miller e il suo Mad Max.
DiCaprio è bravo, ci ha messo tutto se stesso come fa sempre, ma alla fine per tutto il film fa solo grugniti e smorfie di dolore. Non che sia poco, ma se penso a The Wolf of Wall Street è un’interpretazione molto più classica, nonostante l’evidente sforzo fisico. Non dico che non meritasse di vincere, ma non sono sicuro che lo meritasse più degli altri, Cranston in primis.
Per quanto riguarda i non protagonisti. A me Sly è piaciuto un casino in Creed, molto più di Rylance, e mi avrebbe fatto piacere se avesse vinto, ma sicuramente non si avvicina neanche a Mark Ruffalo e Tom Hardy (la parte migliore di The Revenant insieme alla fotografia, il migliore tra i 5). ANche Christian Bale è bravissimo come sempre, ma il fatto è che non ho apprezzato particolarmente The Big Short. Anzi non mi è proprio piaciuto, lo trovo estremamente debole dal punto di vista narrativo. Avendo come obiettivo quello di spiegare la crisi del 2008, è costretto a sporcarsi le mani con mille spiegoni lunghissimi e incomprensibili, ai quali aggiunge, come se non bastasse, delle scenette in cui personaggi famosi guardano in camera e ti spiegano le cose attraverso metafore più terra terra. Il problema è che queste scenette non fanno altro che interrompere continuamente la narrazione, che già di per sé va avanti con difficoltà, e quindi alla fine annoiano. Gli attori tutti bravi, per carità, ma ognuno lavora solo per sé, come se facessero tutti un proprio spettacolino personale e il film li mettesse in un secondo momento tutti insieme.
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su “La grande scommessa” la pensiamo in maniera praticamente opposta, questo credo sia dovuto al fatto che, qualunque sia la nostra posizione riguardo il valore del film, la sceneggiatura e la mise en scene in generale sono originalissime, uniche e vanno amate o disprezzate a seconda del proprio gusto personale. Troppo particolare per trovare delle mezze misure nel giudizio probabilmente
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Sai qual’è la cosa incredibile, Zack? E’ che in realtà, se togli l’indubbia antipatia e la spaventosa spocchia di Inarritu, sia lui che MIller sono gli unici ad aver portato agli Oscar due film che se ne fottono allegramente degli stilemi classici, puntando entrambi in maniera provocatoria sui silenzi, sui grugniti, sulle smorfie, sul dolore spettacolarizzato e su una natura che ti lascia estasiato da come è stata fotografata da entrambi… due storie essenziali, quasi ridicole in ciascuno dei due i film (sia il viaggio andata e ritorno di Miller, sia la vendetta in quello di Inarritu sono due vicende che non stanno in piedi, ma non era quello il loro scopo, perché erano solo un pretesto per raccontare altro), in cui la teatralità circense delle azioni umane si snoda sullo sfondo di qualcosa che è più grande di tutti loro, come il fiume di Cuore di Tenebra attraversato alla scoperta di se stessi…
Due artisti incredibilmente all’opposto ma che hanno creato qualcosa di incredibilmente simile…
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Sìsì, è verissimo, sono due film simili per quello che hai detto tu e aggiungerei anche per il fatto che sono stati entrambi girati in condizioni estreme e difficoltose. Hanno insomma molti punti in comune ma sono ovviamente due film diversissimi. Hanno obbiettivi opposti e dal mio punto di vista solo Mad Max li raggiunge in pieno (siamo dalle parti del film perfetto). Sia chiaro, però, che il film di Inarritu a me è piaciuto, ero fomentatissimo prima di vederlo e alla fine mi ha emozionato e intrattenuto, ne sono uscito abbastanza soddisfatto e non si può dire che sia un film qualunque. Ma detto ciò, Revenant ha grossi limiti e tanti difetti, a partire da ambizioni troppo spropositate ed eccessive che lo portano ad essere un film riuscito solo in parte. Il problema principale credo sia nella sceneggiatura, perché il suo insistere sul misticismo e su immagini mistiche totalmente fuori luogo (sovrapposte ad una trama tutto sommato semplice e poco originale) era previsto già in fase di scrittura. La presunzione era cioè insita già nella sceneggiatura che di per sé è anche abbastanza stupida, poco realistica (contrariamente agli intenti naturalistici dal punto di vista visivo e al di là di DiCaprio che non muore mai) e scolastica al massimo, soprattutto quando vuole farti capire che gli indiani erano migliori degli americani, perché avevano già capito tutto della vita, e forse non avrebbero dovuto sterminarli (e ritorniamo al discorso che facevamo a proposito di Trumbo sugli americani che tendono ad espiare le proprio colpe attraverso il cinema).
Ma ripeto, non lo considero un brutto film, anche solo volendo considerare la fotografia, ho goduto come un ciuccio. Piani sequenza che non stanno né in cielo né in terra, con la telecamera che fa cose impossibili, e campi lunghi, lunghissimi e panoramiche da farti piangere per una settimana. Ma anche Tom Hardy che trasforma un personaggio scritto in modo stupidissimo e ad elevato rischio macchietta, in un villain spaventosissimo, incarnazione di pura cattiveria umana.
Il grande merito di Inarritu però sta nell’essere riuscito, come fanno tutti i grandi, a conferire al film un aspetto naturalissimo, nel senso di spontaneo, come se fosse stato tutto improvvisato sul momento, quando in realtà si tratta di una grande operazione cinematografica con obbiettivi commerciali consistenti e in cui ogni particolare era progettato e studiato nei minimi dettagli. Apprezzo anche la megalomania e la grande ambizione di Inarritu e anche il modo in cui riesce a piegare, potendoselo permettere, la produzione di un film hollywoodiano alle sue esigenze creative, come fanno i vari James Cameron, Christopher Nolan, Tarantino e così via.
Tuttavia, se a tratti il film riesce a trasmetterti tantissimo emotivamente attraverso inquadrature, movimenti di camera, recitazione e montaggio di ottimo livello, costruendo così un forte legame con lo spettatore, tutto questo viene poi rovinato clamorosamente dal suddetto misticismo e dalle fisse di Inarritu di cui solo lui capisce il senso (o che secondo lui sono interessanti girate in quel modo) e che provocano inevitabilmente un distacco emotivo e allontanano lo spettatore che può finire per annoiarsi, infastidirsi, o peggio ancora, provare totale indifferenza per quello che sta vedendo. Di tutti questi “pericoli” non c’è neanche l’ombra in Mad Max: Fury Road, che con ogni singola inquadratura racconta al tempo stesso una storia (che sia quella di un personaggio, di un luogo, del mondo intero o tutte queste cose insieme) e il forte disprezzo del suo autore nei confronti del genere umano: per Miller il mondo di Mad Max non è per nulla il mondo del futuro, ma quello presente. Siamo già in quel mondo. Come George Romero cerca di dirci da 50 anni che siamo tutti degli zombi, George Miller ci dice da 40 anni che siamo tutti dei mostri che si mangiano tra di loro con un solo e unico obbiettivo: sopravvivere.
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Mi sono lasciato trasportare dalla logica impeccabile del tuo discorso, che intanto procedeva a balzi, come le agnizioni che il grande detective Holmes fa spingendosi oltre il limite della consecutio causa-effetto, ma immaginando in modo estremo e provocatorio persino e dai particolari hai definito un filo conduttore.
Sono perfettamente d’accordo con te su tutto, comprese le lodi ad Inarritu e le critiche ai suoi limiti, legati soprattutto all’altra faccia della medaglia delle sue capacità artistiche ossia a quel misticismo quasi imposto come se ciò che fa, anche quando incomprensibile, deve essere accettato perché proveniente dal Messia.
Di registi “unti dal Signore” (li odio) ma egualmente bravissimi (li amo) ce n’è una genia intera ed è una sospensione di giudizio complessa quella che si è costretti ad avere con loro, perché non si può stroncare semplicemente un simile difetto, ma in qualche lo si deve circoscrivere ed identificare, di modo che la fruizione delle loro opere sia in qualche modo limitata e trattenuta: il loro amore per il cinema è evidente e le loro pellicole ne trasudano da ogni poro.
In quello che dici sulle tecniche di Inarritu ho trovato incredibili similitudini con ciò che io ho riscontrato anche nei film di Malick, dove certo sue indulgere in autoerotismo cerebrale ti rende ostico digerire il resto di meraviglioso che comunque fa.
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Hai ragionissima a citare Malick e infatti non credo sia stato un caso! Sembra abbastanza chiaro lui sia una delle fonti principali d’ispirazione di Inarritu (insieme a Tarkovskij al quale lo stesso Malick si rifà) almeno per questo film e per quanto concerne le riprese di ambienti naturali unite al misticismo, al divino ecc ecc. Guarda caso i due condividono pure lo stesso direttore della fotografia…e si vede!
Per il resto sono d’accordo pienamente con quello che dici. Questi registi qui sono tutti bravissimi e amano davvero il cinema, ma sono anche un po’ ottusi nella visione delle cose, di come dovrebbe essere il loro film e non si rendono conto di quando rischiano di cadere nel ridicolo o nel risibile. Poi sicuramente sta a noi circoscrivere e contestualizzare tutto ciò che può essere un difetto e provare ad apprezzare tutto il resto di buono che c’è.
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Siamo sullo stesso treno Zack… passami una birra, please…
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Eccola che arriva…
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Thanx, avevo una sete boia a parlare di Inarritu e Malick… poi ho ripensato a DiCaprio ed alla meravigliosa scena di “Wolf of Wall Street” in cui viene descritto l’effetto del Quaalude o quando finge di muovere la mascella dell’amico stra-fatto mentre questi pronunciava il nome di Steve Madden… ho le lacrime per la commozione e no, non poteva vincere l’Oscar per un character di quel tipo… i caucus repubblicani avrebbero scatenato un orda di ciccione anti-abortiste che avrebbe dato fuoco ai membri dell’Accademy… Dai, va bene così…
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Va bene così…
Steeeeeeeeeeeeeve Madden.
Capolavoro.
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Il tuo pezzo Dave è come al solito splendido: Zack prima di me ha sottolineato ciò che stavo per scrivere anch’io ed ossia come hai saputo cogliere tutte le bellezze indubbie del film (i costumi, il trucco, la bravura degli interpreti ed il coraggio di una storia di amore puro e vero) per poi rivoltare questo giudizio apparentemente positivo (ma tale solo nelle sue parti specifiche) nel giudizio globale via via sempre più incerto e negativo: non è una stroncatura, ma un saggio ridimensionamento ed in questo mi associo.
Ho espresso da più parti la mia passione travolgente per la Vikander (a cui sto dedicando un post che pubblicherò a breve ossia tra un sacco di tempo!) e quindi anche in questo caso siamo perfettamente d’accordo!
Davvero bravissimo, Dave!!
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Grazie Kasa! Felice di essere anche questa volta della stessa opinione sul film e sugli interpreti! Adesso sia io che Zack, sicuramente, ci aspettiamo qualche tuo commento sugli Oscar 😉
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