18-11-2015-zonadombra_img

Zona d’ombra è un film diretto da Peter Landesman e prodotto da Ridley Scott, che racconta la storia vera del neuropatologo nigeriano Bennet Omalu. Bennet, interpretato da Will Smith, appare subito come una persona timida, riservata, con evidenti problemi nel relazionarsi con gli altri, troppo impegnato tra studio e lavoro, troppo impegnato ad inseguire il sogno americano, il sogno del successo e dell’integrazione nel paese dalla bandiera a stelle e strisce. La sua dedizione completa al lavoro, lo porta ad approfondire le analisi dopo l’autopsia di un famoso giocatore di football, Mike Webster, morto ad appena 50 anni, dopo aver mostrato comportamenti folli, apparentemente senza una ragione specifica. Gli studi di Bennet porteranno alla conclusione che i numerosi contrasti di gioco, in quasi 20 anni di carriera nel football professionistico, hanno arrecato danni irreparabili al cervello di Webster: si tratta della CTE (encefalopatia cronica traumatica). Una scoperta di questa portata può avere delle conseguenze catastrofiche, dal punto di vista della lega football, la NFL, che cercherà in tutti i modi di non ammettere la veridicità e la pericolosità della CTE per i giocatori dello sport più seguito negli USA. Il football è lo sport degli americani, è una forma di intrattenimento alla quale nessun cittadino degli States vorrebbe mai rinunciare. Anche l’opinione pubblica, quindi, preferisce essere cieca, preferisce considerare il dottor Omalu come un ciarlatano, un uomo che si è inventato una patologia per avere il suo quarto d’ora di notorietà. Per comprendere la situazione, però, è necessario andare oltre il più semplice aspetto sportivo e d’intrattenimento. Il business generato dai diritti TV, dagli sponsor che ruotano intorno a giocatori e squadre, è a dir poco enorme. La NFL, ma più in generale il football, è in grado di muovere l’economia di intere città (come Pittsburgh, dove vive Bennet), permette a milioni di ragazzi di ottenere borse di studio, di allontanarsi dalla strada, di avere un futuro o, almeno, di avere una chance. Non si tratta esclusivamente del tornaconto personale di dirigenti e “padroni” del gioco, ma di un vero e proprio sistema economico che si basa completamente sul gradimento del pubblico, sulla passione, tutta americana, dedicata da addetti ai lavori e semplici spettatori a questo sport. Chi gioca a football, però, ha il diritto di sapere a quali rischi va incontro. Un giocatore è perfettamente consapevole della possibilità di rompersi una gamba o un braccio durante una partita, ma, prima degli studi del dottor Omalu, datati 2002 (neanche 15 anni fa), nessuno aveva mai considerato un legame tra il football e l’improvvisa perdita della razionalità di uomini, ex-atleti, disperati, trascinati nel baratro dalla CTE, destinati a perdere la propria dignità, la propria famiglia, la propria vita. Nel film, Bennet sembra quasi deluso dalla reazione degli USA alle sue scoperte, dalla guerra spietata ed impari nei suoi confronti, portata avanti dalla NFL. Ed è proprio la crescita del protagonista, resa perfettamente da Will Smith, la sua presa di coscienza di fronte ad un problema serio e al menefreghismo della maggior parte degli americani, che alza il livello di questa pellicola rispetto a quello di un semplice film “sportivo”. Il concetto chiave del pensiero del dottor Omalu è che non intende distruggere uno sport, distruggere il football nell’immaginario collettivo: il suo obiettivo è un altro. Non può e non vuole accettare l’ignoranza generale di fronte ad una tale scoperta scientifica. Non può e non vuole che chiunque, in America e nel mondo, giochi a football o spinga i propri figli ad avvicinarsi a questo sport, sia costretto ad accettare inconsapevolmente e passivamente questo compromesso tra soldi e salute, tra intrattenimento e morte.

Pubblicato su PugliaPress